"Nel nome di Giotto. La pittura trecentesca a Ravenna. Immagini
perdute, salvate, rivelate” è il titolo del libro di Gianni Morelli, che
sarà presentato venerdì 22 febbraio 2013 alle 20,00 al Circolo Ravennate e dei Forestieri. L'iniziativa è promossa dal Lions Ravenna Bisanzio.
“Giotto – spiega Morelli - non venne mai a Ravenna anche se la
tradizione popolare ha lungamente sostenuto che le pitture che ornavano
le chiese della città erano opera sua. E poi c’era quella scena dipinta
in Santa Maria in Portofuori, che ritrae due uomini in discussione tra
loro e che furono presto identificati come Dante e Giotto, entrambi
invitati da Guido Novello da Polenta…”. Tuttavia Giotto entra nell’arte
ravennate. “Duccio a Siena e Giotto a Firenze furono gli iniziatori
della nuova stagione dell’arte italiana sul finire del medioevo. Subito
vantarono imitatori e poi continuatori e ben presto sorsero anche
rinomate scuole che fecero propria la poetica degli iniziatori e col
tempo riuscirono persino a superarli. E’ il caso della 'scuola
riminese' i cui maestri vennero chiamati ad operare sotto i signori
polentani Lamberto, Guido Novello, forse Ostasio e dal priore di Santa
Maria in Portofuori, Guglielmo da Polenta, nei primi quarant’anni del
‘300". Ma la pittura ravennate non è soltanto "riminese". "Per comodità
- prosegue Morelli - possiamo prendere la data fatale della scomparsa,
anche fisica, dei riminesi, che furono presto rimpiazzati dalla
emergente scuola bolognese. L’anno è il 1348 e l’evento è la famosa
“Peste Nera” che devastò l’Italia tutta. Va anche detto che prima della
peste, i nuovi Ordini Mendicanti - soprattutto domenicani ed
agostiniani -, ormai insediati saldamente a Ravenna, vantavano propri
referenti in campo pittorico rivolgendosi principalmente a Bologna.
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