lunedì 19 giugno 2017

"Segni monumentali nei secoli della coesistenza (XI-XII)"

Giovedì 22 e venerdì 23 giugno 2017, presso l’Aula 1 dell’Edificio di Lettere dell’Università di Roma La Sapienza, si terranno due giornate di studio sulla Calabria nei secoli del Medioevo centrale. Il convegno, intitolato “Calabria greca-Calabria latina. Segni monumentali nei secoli della coesistenza”, sarà occasione di confronto fra studiosi provenienti da diversi settori disciplinari. Il coordinamento scientifico è di Margherita Tabanelli del Dipartimento di Storia dell’arte e spettacolo.
Ai saluti del rettore Eugenio Gaudio, del preside della Facoltà di Lettere e Filosofia Stefano Asperti e della direttrice del Dipartimento di Storia dell’Arte e spettacolo Marina Righetti, seguiranno gli interventi di Margherita Tabanelli e di Antonino Tranchina della Bibliotheca Hertziana a Roma.
L’idea della Calabria medievale più diffusa nell’immaginario è quella di una provincia bizantina. La dipendenza dall’Impero romano d’Oriente si prolungò in effetti dalla Guerra greco-gotica alla conquista normanna del 1060, tuttavia la storiografia ha da tempo sottolineato i caratteri di autonomia culturale delle regioni meridionali, elaborando il concetto di “civiltà italo-greca”. Gli studi storico-artistici solo parzialmente hanno recepito tale aspetto, arrivando peraltro a estendere l’etichetta bizantina a testimonianze artistiche risalenti alla dominazione normanna e plasmando in tal senso la percezione globale del patrimonio medievale della regione.
Analogamente a quanto rilevato per la componente bizantina, anche l’identità latina della Calabria è stata spesso semplificata, circoscrivendola a quella dei conquistatori Normanni e delle comunità religiose da loro introdotte. Eppure già dalla prima metà dell’XI secolo si rilevano elementi settentrionali, in concomitanza con rilevanti eventi politici quali l’intervento degli Ottoni nel Meridione (982) e l’occupazione longobarda della costa occidentale, fino alla piana di Sant’Eufemia (1009). Da qui la necessità di ricalibrare le posizioni critiche sulla storia dell’arte calabrese dei primi due secoli dopo il Mille.
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