Martedì 24 gennaio 2023, alle ore 17.00, al Circolo Stella Maris, in Piazza Pippo Rebagliati, 2, a Savona si tiene la presentazione del volume "Le rappresaglie dei cartolari dei lodi di Savona (secoli XIII-XIV)" (Edizioni di Società Savonese di Storia Patria, 2022), curata da Domenico Ciarlo e Furio Ciciliot.
Probabilmente, nella memoria collettiva, il riferimento più immediato
a cui viene associata la parola “rappresaglia” è quello degli eccidi
perpetrati con cieca, disumana e violenta barbarie durante la Seconda
Guerra Mondiale. I tratti salienti di quelle rappresaglie erano il
contesto bellico, lo scopo di deterrente, che servisse ad annientare
tramite il terrore ogni forma di resistenza, il coinvolgimento di
innocenti, la sproporzione tra offesa ricevuta e vendetta attuata.
La rappresaglia medievale, invece, è connotata essenzialmente da uno
solo di questi tratti salienti: il coinvolgimento di persone che non
hanno alcuna responsabilità nel danno che la rappresaglia vuole
risarcire, ma che vengono coinvolti per una singolare applicazione del
concetto di solidarietà. Il termine medievale represalia (dal verbo latino reprehendere) indica infatti il mezzo con cui ci si “riprende” ciò che è stato sottratto.
Per aversi rappresaglia, tuttavia, occorre che una determinata
autorità giudiziaria o un determinato potere politico siano
impossibilitati a ottenere e rendere giustizia in via ordinaria: ciò
accade quando l’offensore o danneggiatore è sotto la giurisdizione di
un’entità politica straniera, che si rifiuta di collaborare. Essendo
l’offensore giuridicamente irraggiungibile, la rappresaglia mira a
rivalersi con la forza su qualsiasi suo concittadino che capiti a tiro.
La rappresaglia medievale rimane dunque limitata, quanto ad entità, al
recupero del maltolto o al risarcimento del danno subito, ed è una
pratica di mero carattere economico, pur coatta e, per i nostri
parametri di valutazione, ingiusta.
Le prime attestazioni di questa pratica sono distribuite in tutto
l’Alto Medioevo, nelle leggi che ne condannano e vietano l’applicazione
oppure nei trattati che tentano di attenuarne gli abusi, ma essa risulta
poi generalmente accettata e normata negli statuti comunali e applicata
con frequenza a partire dal XIII secolo (…).
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