Martedì 9 dicembre 2014 alle ore 21,00 al Castello di Brescia si terrà la presentazione del giallo storico di Enrico Giustacchini "Il giudice Albertano e il caso della fanciulla che sembrava in croce"
a cura della Confraternita del Leone. Con la partecipazione di armigeri
e cittadini in costume del XIII secolo.
Albertano da Brescia - giudice, filosofo, letterato, politico,
diplomatico, militare - compone, nel 1246, un trattato, che intitola
"Liber consolationis et consilii". Lo scritto riscuote da subito un
successo straordinario, successo che perdurerà fino a tutto il XV
secolo, e anche dopo. Il padre della letteratura inglese, Geoffrey
Chaucer, ne ricaverà uno dei suoi celeberrimi "Racconti
di Canterbury". E un illustre studioso come Santino Caramella è giunto a
ipotizzare che l’opera abbia esercitato un influsso persino sulla
"Divina Commedia".
Un trattato, si diceva. Ma - insieme - il racconto di un delitto, ideato e compiuto con modalità talmente arzigogolate, inconsuete, stravaganti da far impallidire i casi di Chesterton, Dickson Carr o Ellery Queen.
Alcuni anni prima, nel 1238, Albertano era stato inviato dal Comune di Brescia, in qualità di capitano di guarnigione, a presidiare il castro di Gavardo. Federico II si apprestava ad assalire proprio la città di Brescia, una delle ultime, irriducibili oppositrici al dominio dell’imperatore; e quello gavardese era un baluardo strategico, da difendere a ogni prezzo.
Nel romanzo "Il giudice Albertano e il caso della fanciulla che sembrava in croce" (Liberedizioni), Enrico Giustacchini ha immaginato che il delitto raccontato nel "Liber consolationis" non fosse un delitto simbolico, bensì un delitto accaduto per davvero: e accaduto a Gavardo, in quell’anno 1238, alla vigilia dell’arrivo delle truppe imperiali e dell’assedio poi eroicamente sostenuto da Brescia. Ha immaginato che Albertano non fosse stato solo un testimone, ma - nella sua veste di giudice - l’autore dell’indagine.
Il risultato è un giallo appassionante, ricco di rimandi alla storia e alla cultura del tempo, specchio fedele e documentatissimo di un’epoca oscura e luminosa insieme, dove si intrecciano eresie, esperimenti alchemici, vicende d’amore e di guerra.
In tale contesto, il giudice Albertano si comporta come un perfetto Sherlock Holmes ante litteram, mettendo tutta l’intelligenza, l’acume, la logica rigorosa di cui è capace al servizio di un’indagine che condurrà infine alla sorprendente soluzione di quello che appariva, a ogni effetto, un delitto “impossibile”.
Un trattato, si diceva. Ma - insieme - il racconto di un delitto, ideato e compiuto con modalità talmente arzigogolate, inconsuete, stravaganti da far impallidire i casi di Chesterton, Dickson Carr o Ellery Queen.
Alcuni anni prima, nel 1238, Albertano era stato inviato dal Comune di Brescia, in qualità di capitano di guarnigione, a presidiare il castro di Gavardo. Federico II si apprestava ad assalire proprio la città di Brescia, una delle ultime, irriducibili oppositrici al dominio dell’imperatore; e quello gavardese era un baluardo strategico, da difendere a ogni prezzo.
Nel romanzo "Il giudice Albertano e il caso della fanciulla che sembrava in croce" (Liberedizioni), Enrico Giustacchini ha immaginato che il delitto raccontato nel "Liber consolationis" non fosse un delitto simbolico, bensì un delitto accaduto per davvero: e accaduto a Gavardo, in quell’anno 1238, alla vigilia dell’arrivo delle truppe imperiali e dell’assedio poi eroicamente sostenuto da Brescia. Ha immaginato che Albertano non fosse stato solo un testimone, ma - nella sua veste di giudice - l’autore dell’indagine.
Il risultato è un giallo appassionante, ricco di rimandi alla storia e alla cultura del tempo, specchio fedele e documentatissimo di un’epoca oscura e luminosa insieme, dove si intrecciano eresie, esperimenti alchemici, vicende d’amore e di guerra.
In tale contesto, il giudice Albertano si comporta come un perfetto Sherlock Holmes ante litteram, mettendo tutta l’intelligenza, l’acume, la logica rigorosa di cui è capace al servizio di un’indagine che condurrà infine alla sorprendente soluzione di quello che appariva, a ogni effetto, un delitto “impossibile”.
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