Furio Cappelli |
Lunedi 28 novembre 2016, alle ore 16,00 presso la Libreria Rinascita di Ascoli Piceno, Furio Cappelli relazionerà su un’opera di straordinario
valore artistico e stilistico: l’Icona di Cossito. La Madonna col
bambino del XIII secolo, già esposta nel prestigioso Museo di Amatrice,
proviene dalla chiesa di Sant’Emidio, una struttura gravemente
danneggiata dal terribile sisma degli ultimi due mesi. L’iniziativa è
inserita nel corso Archeologia UPLEA di Ascoli Piceno.
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L’icona di Cossito, una tavola d’altare di altissima qualità, può
essere annoverata tra i dipinti più significativi del Duecento italiano,
nonostante la scarsa attenzione che le è stata sinora accordata.
Già conservata nella chiesa della frazione Cossito, la tavola era in origine corredata da due ante laterali mobili che raffiguravano scene della vita della Vergine, ridipinte in epoca più tarda. La sua datazione può essere avanzata solo sulla base dell’analisi stilistica. I pareri in merito oscillano grosso modo tra il 1250 e il 1280. Punta su una datazione alta chi vi vede un’opera di elevato magistero. Punta invece al 1280 chi vi riconosce l’impronta di correnti locali, che reinterpretano gli indirizzi di stile già affermati nei decenni precedenti. Ad ogni modo, basta uno sguardo su questo dipinto per essere avvinti dalla fissità severa delle figure e dalla corposa stesura dei colori. Tonalità marroni finemente graduate si contrappongono a verdi cupi e a rossi squillanti, che quasi trasfondono la pittura in materia preziosa, con lo stesso effetto visivo dello smalto traslucido in un’opera di oreficeria.
La Vergine rientra nel «tipo» della Madonna Nikopeia («Colei che mostra
la vittoria»), proprio perché esibisce trionfalmente suo Figlio. Grandi
medaglioni di colore dorato affiancano come insegne di labari l’aureola
della Vergine, con la scritta rosso sangue che recita «Madre di Dio»,
per metà in latino, per metà in greco. Il Bambino benedicente si staglia
sulla Madre come un imperatore seduto in trono, con il globo del potere
universale in mano.
È evidente che si tratti dell’opera di un artista colto e originale, aperto con ingegno a molte suggestioni. L’iconografia di base è già attestata a Roma nell’alto Medioevo, e ritrova un «revival» intorno alla metà del Duecento, quando si realizza la Madonna della Catena di S. Silvestro al Quirinale, assai simile alla nostra anche dal punto di vista formale. La conduzione del colore e la resa dei dettagli risentono dell’opera dei musivari bizantini attivi in Italia (ad esempio a Monreale) tra la seconda metà del XII secolo e i primi decenni del secolo seguente. La singolare posa del Bambino a braccia aperte e con il globo in mano, sembra parodiare in modo plateale le effigi imperiali dei sigilli di Federico II.
Già conservata nella chiesa della frazione Cossito, la tavola era in origine corredata da due ante laterali mobili che raffiguravano scene della vita della Vergine, ridipinte in epoca più tarda. La sua datazione può essere avanzata solo sulla base dell’analisi stilistica. I pareri in merito oscillano grosso modo tra il 1250 e il 1280. Punta su una datazione alta chi vi vede un’opera di elevato magistero. Punta invece al 1280 chi vi riconosce l’impronta di correnti locali, che reinterpretano gli indirizzi di stile già affermati nei decenni precedenti. Ad ogni modo, basta uno sguardo su questo dipinto per essere avvinti dalla fissità severa delle figure e dalla corposa stesura dei colori. Tonalità marroni finemente graduate si contrappongono a verdi cupi e a rossi squillanti, che quasi trasfondono la pittura in materia preziosa, con lo stesso effetto visivo dello smalto traslucido in un’opera di oreficeria.
La Vergine di Cossito |
È evidente che si tratti dell’opera di un artista colto e originale, aperto con ingegno a molte suggestioni. L’iconografia di base è già attestata a Roma nell’alto Medioevo, e ritrova un «revival» intorno alla metà del Duecento, quando si realizza la Madonna della Catena di S. Silvestro al Quirinale, assai simile alla nostra anche dal punto di vista formale. La conduzione del colore e la resa dei dettagli risentono dell’opera dei musivari bizantini attivi in Italia (ad esempio a Monreale) tra la seconda metà del XII secolo e i primi decenni del secolo seguente. La singolare posa del Bambino a braccia aperte e con il globo in mano, sembra parodiare in modo plateale le effigi imperiali dei sigilli di Federico II.
Per approfondire leggi "Amatrice. Tesori di una terra di mezzo".
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